martedì 7 agosto 2018

Filo Spinato di Irene Catocci


Sono finalmente riuscita a leggere il libro di Irene Catocci “Filo spinato”.

Romanzo autoconclusivo: serie a tema "amore proibito"

Non è una storia semplice.
Non è una storia accettabile.
È una storia cruda, indecente.
Ma dolce come lo è l'amore.
Cosa faresti se, di punto in bianco, ogni tua convinzione venisse stravolta?
Cosa penseresti se, la vita che conoscevi, fosse solo un imbroglio? 
Anita, suo malgrado, si ritrova a porsi queste domande, lacerandosi l’anima nella discesa repentina verso la verità.
Una verità scomoda, dannata e proibita.

PS. L’ARGOMENTO TRATTATO PUÒ URTARE LA SENSIBILITÀ MORALE DEL LETTORE. 
È CONSIGLIATA LA LETTURA DI QUESTO ROMANZO AD UN PUBBLICO DI SOLI ADULTI +18

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Una storia forte, che tratta un argomento molto delicato, ma con dolcezza e senza volgarità. Anita è una ragazza che cerca di vivere la sua vita in modo indipendente, si è ritrovata ad ottenere risposte a domande che non si era mai posta, a capire come mai  tutto il suo mondo non era come lei lo ha sempre visto, a scoprire una realtà che non avrebbe mai immaginato nemmeno con tutta la fantasia di questo mondo. Si ritroverà a voler viere il suo amore ma a combattere contro i dubbi che le hanno messo in testa. Potrà mai perdonare sua madre per averle svelato il suo segreto senza aver l’occasione di confrontarsi e di capirsi veramente?

Un libro molto particolare, tosto ma molto dolce. Si sono mescolate risate, batticuore e tante lacrime. Un amore combattuto fa da sottofondo all’amore da vivere di Anita. A volte il destino ti mette nel cammino la tua metà, ma non te la puoi vivere come vorresti e allora sei costretto a cambiare percorso per non far soffrire le persone che ami attorno a te. Un viaggio nell’arte e nel passato, un amore vissuto e un amore rubato, un amore possibile e uno impossibile.

Quello che non avevano potuto vivere, Anita, decise di donarglielo solo nel ricordo: li dipinse occhi negli occhi, lo sguardo velato d'amore e speranza; li dipinse affacciati al balcone della loro casa; li dipinse nella loro camera da letto, stretti in un abbraccio languido e lo sguardo addormentato. Dipinse di lei stessa ancora bambina: occhi grigi in altri occhi grigi. Rimase chiusa dentro lo studio per tre settimane, uscì solamente per andare al bagno e per dormire. Nicola le portò da mangiare ma il più delle volte neanche lo toccò. Doveva dipingere, doveva creare prima che il fuoco sacro si spegnesse, prima di dimenticare le sensazioni che voleva imprimere nelle pennellate scomposte e nei colori sgraziati. Non le importò di rispettare le assonanze cromatiche, se ne infischiò di essere normale, lei, che normale non lo era mai stata. Ricreò le sensazioni, l'amore e la quotidianità rubata: la vita. Chiuse gli occhi per un momento e quando li riaprì si vide nei quadri che lei stessa aveva rappresentato: così piccola, fragile tra le braccia forti e sicure di suo padre, quel padre che, in fin dei conti, le era mancato.

Una storia questa che ti lascia una bella sensazione una volta arrivata alla fine, nonostante tutto il tormento vissuto con Anita durante la lettura.

Complimenti ad Irene che con il suo modo di esprimersi mi ha catapultata dentro i quadri di Anita, dentro la sua vita, dentro la sua mente ed il suo cuore. Assegno a 5 stelle a questa storia.

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