Beyond the Veil
Margherita Maria
Messina
TITOLO: Beyond the Veil
AUTORE: Margherita
Maria Messina
EDITORE: Words Edizioni
GENERE: Fantasy Romance
FORMATO: Ebook (2,99 –
0,99 nel giorno d’uscita) - Cartaceo (15,90)
DISPONIBILE SU AMAZON E IN TUTTE LE LIBRERIE
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La verità è oltre il
velo.
TRAMA
“Ognuno di loro custodisce
storie e vite, piccola mia. Devi sempre osservarli con estrema attenzione.
Nascondono, a volte, anche pericolosi segreti, che forse è meglio rimangano
tali.” Con queste parole custodite nell’anima, Emma Valenti, giovane
laureata in Conservazione e Restauro, approda tra le mura del più antico
monastero nel cuore della Foresta Nera. Ancora scossa per la perdita dei
genitori, periti in circostanze poco chiare proprio in Germania, Emma sa di
essere l’unica in grado di scoprire la verità. Tra quelle antiche mura, Emma si
scontrerà con l’austero professor Von Richt, custode di un antico segreto, e
tenere a bada l’attrazione tra loro sarà quasi impossibile. Proprio nel cuore
di quel monastero, tuttavia, si cela una maledizione che narra di un passato
fatto di inganni, tradimenti e una vendetta bramata dal fantasma di un oscuro
abate.
L’AUTRICE
Margherita Maria Messina. O
semplicemente Meg. Classe 1989, è siciliana e nelle sue vene scorre il sangue
della sua madre naturale, l’Etna. Laureata in Storia dell’Arte, è specializzata
in Conservazione e Restauro dei beni archivistici e librari. Cura e gestisce un
blog letterario da due anni, Il Libro sul Comò di Meg, dove promuove autori
emergenti e piccole case editrici. Ama la storia, soprattutto l’epoca
medioevale e l’Ottocento.
1. Gli occhi cobalto incontrarono quelli
pervinca, frenetici e luminosi, che però si nascosero nuovamente, per tornare a
guardare il percorso innanzi a lei.
Doveva
rivederli.
Di
nuovo.
E
ancora.
Una
creatura umana non poteva possedere quegli occhi.
Spronò
il cavallo e gli sembrò di avvicinarsi un po’ di più a quella figura che,
sempre più esile, si mostrava ai suoi occhi.
Era
lì, vicino a lei.
Tese
il braccio, le urlò di fermarsi.
Ma
poi la vista divenne offuscata, le palpebre si fecero pesanti.
E
gelide tenebre lo avvolsero.
2. «Chi c’è?»
Le
venne spontaneo chiederlo.
Che
fosse qualche stupido scherzo? Era una zona isolata, magari qualcuno l’aveva
seguita e… no.
Nessuno
poteva fare scherzi del genere.
Si
ritrovò a deglutire, mentre stringeva a sé la borsa come a proteggersi. Le luci
alle pareti iniziarono a giocherellare, quasi vi fosse un repentino
abbassamento e innalzamento di tensione.
Una
strana nebbia, fitta e cupa, sembrava solcare il pavimento del corridoio,
mentre quel rumore di catene si avvicinava sempre più e diveniva più vivido e
assordante.
Poi la vide: un’oscura figura in fondo al
corridoio, incappucciata e completamente vestita di nero, che l’osservava.
«Chi
è? Cosa vuole?»
Con
lentezza, lo sconosciuto issò il braccio destro. Catene pesanti e logore cozzarono
contro il lastricato del corridoio, provocandole un lancinante dolore alle
tempie. Emma si accasciò sulle gambe, premendosi forte le mani sulla testa.
«Basta…
basta! La smetta!»
Un
lampo e poi grida, fiamme si palesarono dinanzi alle sue iridi.
3. Aveva perso il conto.
Quante frustate le avevano dato?
Quaranta… sessanta… Non lo rammentava più.
Il pavimento gelido aveva accolto il tremendo
dolore che aveva alla schiena, alle braccia, a tutto il corpo. La pelle era
lacerata, marchiata e il respiro lento e difficoltoso mentre cercava di tenere
gli occhi aperti. Il sonno la chiamava.
I capelli, sparsi fra schiena e
pavimento, sfregavano sulle ferite, facendola gemere di dolore. Provò a
muoversi, ma il corpo non rispose alla propria volontà. Era stanca, devastata
dalle innumerevoli torture che Faustus le aveva inflitto, infangando il suo
nome, quello del padre e dell’amato Hector.
I pensieri corsero all’abate: non gli
aveva detto abbastanza quanto lo amasse e quanto gli era grata per quei giorni
trascorsi insieme, per l’affetto che le aveva donato.
E ormai era troppo tardi.
Lui non c’era più. La loro vita insieme
non c’era più.
Gli occhi si mossero deboli ad osservare
la fede che portava ancora al dito. Almeno quella non le era stata tolta.
Il suo ciondolo, invece, era sparito nel
nulla.
E questo aveva alimentato l’odio di
Faustus nei suoi confronti.
Strega.
Puttana.
Meretrice.
Rifiuto.
Quanti altri insulti le aveva rivolto,
mentre le venivano sferrati calci e pugni?
Perché non l’aveva ancora uccisa?
4. «Non sa quanto questo sia strano per me.»
Lo
disse mentre con gli occhi tornava a osservare quelli di lei, luminosi e di un
viola così acceso e bellissimo che avrebbe voluto tuffarcisi dentro.
Aveva
voluto quella complicità, solo in quel momento lo capì.
La
vide mordersi quelle labbra più rosee al centro, ma pallide ai bordi, che
parevano quasi disegnate tanto erano perfette.
Labbra
che lui desiderava baciare.
Con
uno scatto, le catturò i capelli fra le dita della mano libera e l’attirò a sé,
portandosi a meno di un millimetro di distanza dalla bocca di lei. Respirò al
ritmo dei battiti del suo cuore, la sentì tremare e si lasciò catturare dal
calore emanato dal suo corpo.
«Temo
che a questo non saprò porre rimedio.»
Schegge di vetro
Irene Catocci
TITOLO: Schegge di
vetro
AUTORE: Irene Catocci
EDITORE: Words Edizioni
GENERE:
Forbidden romance/Friends to love romance
FORMATO: Ebook (2,99 –
0,99 nel giorno d’uscita) - Cartaceo (15,90)
Pagine: 257
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Io spero ogni giorno di svegliarmi e di
non amarti più,
ma ogni volta ti sento sempre più mia,
sempre più vicina.
Non guariremo mai, Livia.
TRAMA
I segreti possono distruggere
la vita. Lo sanno bene Livia e Anita, madre e figlia. La prima accompagnata da
una intima sofferenza che si porta dietro dall’adolescenza, la seconda fragile
e insicura, alla disperata ricerca dell’affetto che le è mancato per tutta la
vita. Un equilibrio precario il loro, che crolla definitivamente quando,
attraverso i diari di Livia, Anita scopre un segreto inconfessabile, tenuto
nascosto per anni: non è la figlia legittima di quello che ha sempre creduto
suo padre, ma frutto di un amore tossico come il più letale dei veleni. Due
donne alle prese con i propri tormenti: Anita e l’amore per il suo migliore
amico Nicola; Livia, succube di un sentimento deviato e con un cuore fragile
come vetro, frantumato sotto il peso delle bugie. Un libro intenso, tra segreti
inconfessabili e le inevitabili conseguenze a cui si va incontro quando la
verità, scomoda, dannata e proibita, viene a galla.
L’AUTRICE
Irene Catocci vive in un paesino dal
sapore medievale, nel cuore della maremma grossetana, con il marito, le loro
due figlie e un cane con l’indole di un gatto. Ama la tranquillità, leggere,
dipingere e praticare l’equitazione di campagna. Scrivere è, per lei, un modo per
tirare fuori le innumerevoli personalità che le sussurrano all’orecchio: una
necessità.
Ha pubblicato Il dono (seconda
edizione, 2018), Killer. Amore e Morte (2018), J.Skull (2018), Cuore
di Jagoda (2019), Quel mare profondo (2019), Doomed (2020). Schegge
di vetro (edizione ampliata e riveduta di Filo Spinato) è il suo
primo romanzo edito Words Edizioni.
ESTRATTI
1.Il ragazzo riflette un attimo, poi lo
sguardo gli si illumina. «Bacia Enea» dice ridendo.
Spalanco la bocca. «Cosa?» Tra tutte le
cose bizzarre che mi erano venute in mente, questa è l’unica a cui non ho
pensato.
«Che sarà mai? Chiudi gli occhi e conta
fino a tre» dice una ragazza accanto a Mirko, che non ho mai visto prima.
Non sento i suoi amici ridere, non sento
niente, sono troppo agitata e sconvolta per prestare ascolto alle battute e
agli schiamazzi.
«Questa me la pagherai, amico» dice
Enea, dando una spallata a Mirko, che ride tenendosi la pancia con le braccia.
«Dai, sarà come baciare lo specchio»
dice Thomas.
«Quando toccherà a te, ti farò baciare
il culo del tuo cane» ribatte mio fratello, alzandosi in piedi. Le risate dei
suoi amici rimbombano nella stanza. La musica alta non riesce a surclassare il
battito del mio cuore furioso.
Enea mi afferra per le braccia, che
tengo lunghe sui fianchi, e mi dice: «È una cazzata colossale, Livia. Conta
fino a tre e sarà tutto finito.»
Lo guardo con gli occhi sgranati, non
muovo neppure un muscolo ma, nell’attimo esatto in cui Enea preme le labbra
sulle mie, mi rilasso. E lo sento, sotto l’agitazione e l’imbarazzo del
momento, sotto le orecchie che fischiano e il cuore accelerato, sotto il sapore
dolciastro della Caipiroska alla fragola, sento il vento della brughiera sferzarmi
il viso con delle raffiche poderose, che mi fanno sentire felice e triste nel
medesimo istante.
Sto baciando mio fratello, e non provo
orrore.
Sto baciando mio fratello, e mi sento
scossa in dei posti mai sentiti prima.
Sto baciando mio fratello, e marcirò
negli inferi per questo.
2.Lo studio era un posto sicuro. Anita
si guardò attorno e lo percepì come roba sua, riconobbe ogni angolo: le pareti
con le stampe dei suoi quadri preferiti presero corpo e anima di fronte a lei;
Egon Schiele, con la sua visione contorta del corpo femminile, scheletrico e
nevrastenico; l’immenso Vincent Van Gogh, con la follia che esplodeva in ogni
pennellata inferta con rabbia come una ferita sulla tela vergine, e anche se i
loro occhi non avevano la stessa alchimia cromatica, lei lo sentiva affine, i
suoi quadri erano la ispirazione, rivincita.
Iniziò a tratteggiare la sagoma di una
figura sulla tela intonsa, mise a tacere il cervello ed entrò in un mondo suo,
fatto solo di colori e armonia.
Un viso prese forma, un ovale conosciuto
e amato: il volto di sua madre.
Livia, la giovane vergine profanata da
un amore clandestino e peccaminoso: la vide come doveva essere negli anni della
gioventù, come doveva sembrare agli occhi di Enea, così bionda ed eterea. Era
veramente una fata sua madre e, lo sarebbe ancora se la vita non l’avesse
indurita, solcandole il viso in un’espressione di angoscia e rimpianto.
3. «Dobbiamo dimenticare, come se
non fosse mai accaduto.»
Enea mi costringe a guardarlo,
stringendomi il viso tra le mani. Mi osserva con lo sguardo perso e offuscato
di lacrime, che piano gli rotolano lungo le guance.
«Non succederà mai» singhiozzo
disperata.
«Dobbiamo dimenticare, Livia. Se non
vuoi farlo per me, almeno fallo per te stessa.»
Fingeremo agli occhi del mondo,
fingeremo di non essere niente.
Sabbia Bianca
I Giganti del Calcio Storico #1
Pitti Duchamp
TITOLO: Sabbia Bianca (I Giganti del Calcio Storico #1)
AUTORE: Pitti Duchamp
EDITORE: Words Edizioni
GENERE: Romance Contemporaneo
FORMATO: Ebook (2,99 – 0,99 nel giorno d’uscita) - Cartaceo (15,90)
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Lei è un’anima fragile. Lui un gladiatore moderno disposto a tutto per averla.
Sullo sfondo Firenze. Vera, cruda. Meravigliosa.
TRAMA
La perfezione, ecco cosa pretende l’avvocato Leopoldo Carsini dalla vita. Quando conosce Olimpia,
quello a cui mira in ogni cosa che fa si concretizza nell’azzurro intenso dei suoi occhi. Lei ha tutte le carte
in regola per stargli accanto e lui la vuole, spinto da un desiderio razionale distante da ogni
sentimentalismo. Ma la complessità di Olimpia si svela a poco a poco, durante la ricerca di un fratello
sparito nel nulla, mentre riaffiorano dispiaceri e solitudine da un passato familiare sofferto. E così, il cuore
di Leo, impantanato nella sabbia di piazza Santa Croce, là dove le partite del calcio storico fiorentino
danno vita a leggendari scontri tra gladiatori moderni, comincia a battere più forte. Una storia d’amore e
di cambiamento con tre protagonisti: un avvocato dalla doppia faccia, una ragazza di buoni sentimenti e
una Firenze sospesa tra il presente e un passato attualissimo, vissuta, graffiata, leccata e amata.
L’AUTRICE
Nata nel 1981 sotto il segno del Leone a Firenze. Vive tutt’ora nella provincia di Firenze, sulle colline del
Mugello, con il marito rugbista, due bimbi indisciplinati e un cane anarchico. Appassionata di Burlesque
e collezionista di pezzi vintage di arredamento e moda cerca di coniugare i suoi interessi scrivendo e
leggendo romance storici. Se avesse del tempo libero adorerebbe trascorrerlo tra i rigattieri e i robivecchi
del centro di Firenze.
È amante della storia in particolare quella dell’Europa tra il 1500 ed il 1900, i quattrocento anni che hanno
creato la modernità per come la conosciamo oggi in termini di arte, pensiero filosofico e scientifico,
socialità. Apprezza nelle persone più di tutto la gentilezza, il garbo e la buona educazione, quel non so che
nel portamento che fa di una donna una dama e di un uomo un signore. In self ha pubblicato per la serie
D’amore e d’Italia: L’Arabesco, Lupo di primavera, La gran dama, Il pugnale e la perla nera, La fiamma del ghiaccio.
Ha partecipato alla raccolta Natale a Pemberly con uno scritto ispirato a Orgoglio e pregiudizio e alla raccolta
Cuori fra le righe con un racconto ambientato durante la Grande guerra. Per Dri Editore ha pubblicato
Frittelle al miele e altre dolcezze, il primo regency, e Stupefacente banalità, un romance contemporaneo. Con
Words Edizioni ha pubblicato il regency Il Farabutto e la Sgualdrina.
Sabbia Bianca è il primo volume autoconclusivo della tetralogia I Giganti del Calcio Storico.
ESTRATTI
Leo era attaccato a Firenze in un modo che solo i fiorentini possono comprendere. Era la sua parte
migliore Firenze, la sua identità e il suo cuore viola, l’unico motivo che scatenava in lui forsennati
batticuori. Era la luce abbagliante dei fuochi d’artificio di San Giovanni, le poltroncine scomode di legno
dell’ex cinema Odeon, era le forche a scuola per andare sul Forte Belvedere a pomiciare con la ragazzina
di turno. Firenze era il lampredotto di Nerbone al mercato di San Lorenzo, il Brindellone per Pasqua
trainato dai buoi bianchi con le corna appuntite, i Madonnari di Por Santa Maria e il mercato del
Porcellino, erano gli stornelli volgari di Marasco e gli scherzi cattivi di Amici miei. Firenze era l’Arno e la
sua forza devastante quando s’incazzava e portava via tutto, e i bomboloni di via del Corso che
scendevano dallo scivolo e finivano nello zucchero. Era la Fiorentina di Giancarlo Antognoni, Dunga,
Roberto Baggio, Rui Costa, Toldo, Gabriel Omar Batistuta, Luca Toni. Era la Curva Fiesole e la Ferrovia
ed era la Vecchia guardia, il club di tifosi di cui Leo faceva parte. Firenze era sotto la sua pelle e chi ne
parlava, bene o male, senza essere fiorentino, lo irritava. Chi non era fiorentino non aveva diritto di
parlare di Firenze, poteva solo adorarla.
“Senti, facciamo così, quando sarai a pezzi perché lui sarà stato più bastardo di tutti i bastardi,
ricordati di me, Olimpia.”
«Pensi al perché lei mi vuole conquistare. È solo perché le va di aggiungere un nuovo nome alla
lunghissima lista? O perché magari le sto resistendo ed è ferito nell’orgoglio. Perché?» domandò.
«Ha lasciato fuori il motivo più importante.»
Leo si alzò dalla sedia, aggressivo e seducente, e si avvicinò lentamente illuminato dalla luce di un
lampione, una tigre lenta e inesorabile che stava per azzannarla. All’improvviso la bocca le parve felpata,
la lingua gonfia e le labbra presero vita, protese verso di lui che si stava avvicinando.
«Qual è il motivo più importante?» gli chiese, con le mani grandi di Leo che scivolarono a scaldarle le
guance raggelate. Piegò la testa indietro per guardarlo in viso mentre le braccia, dotate di proprio potere
decisionale, entrarono dentro il giaccone aperto di lui alla ricerca del tepore della sua schiena contratta
per lo sforzo di non stringerla troppo. La lingua saettò fuori, incapace di aspettare ancora di essere
azzannata da quella del suo predatore, e prima che Olimpia la ritraesse l’avvocato se ne impadronì,
posando le labbra sulle sue. Calde, umide, esigenti. Lui sapeva di soddisfazione e appagamento, sapeva di
piaceri saziati e pace dopo l’orgasmo. Odorava di dopobarba e di maschio che sa fare l’amore in un modo
unico e speciale. Lo spessore ruvido delle sue mani scese sul collo e poi scivolò sulle spalle attraverso il
cappotto, sulle braccia e si infilò tra le maniche e l’addome cingendo d’assedio la vita, stringendola in una
morsa dolcissima.
«Ti desidero, voglio fare l’amore con te e poi ancora e ancora e non voglio staccarmi più» le mormorò
con i nasi che si sfioravano.
«Mi innamorerò di te e tu mi spezzerai il cuore. Ti stancherai, mi getterai via e io non sopporterò di
diventare solo un ingombro.»
Olimpia respirava sussurrandogli nella bocca, vicinissima a lui anche senza la costrizione delle sue mani
a trattenerle la testa.
«Non possiamo conoscere il futuro, nessuno può. Potresti essere tu a spezzarmi il cuore. Potresti essere
tu a gettarmi via» le bisbigliò parlandole con pazienza a un millimetro dal volto, inspirando l’essenza di
vaniglia e chissà cosa che sulle labbra di Olimpia si era mischiata al sapore amarognolo della birra.
«Baciami ancora.»
L’amore e tutti gli
altri rimedi
Anita Sessa
TITOLO: L’amore e tutti
gli altri rimedi
AUTORE: Anita Sessa
EDITORE: Words Edizioni
GENERE: Regency
FORMATO: Ebook (2,99 –
in offerta a 0,99 nel giorno d’uscita)
Cartaceo (13,90)
PAGINE: 183
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«Non ci sono molti rimedi per curare un’anima profondamente ferita.»
«L’amore. L’amore è un rimedio.»
Scozia,
1819
Rapita,
umiliata e rovinata per sempre, lady Margareth Rutley si è rifugiata in Scozia
chiudendo ogni possibilità all’amore. Non è dello stesso avviso Ezra Caddy, che
si innamora di lei da subito. Nasce così un rapporto complicato, fatto di
sguardi e incontri di anime che non osano sfiorarsi. E durante un viaggio in
occasione della Stagione, prima a Edimburgo e poi a Londra, il loro rapporto
diverrà più profondo. Le insidie, tuttavia, sono sempre dietro l’angolo e la
tranquillità appena ritrovata di Margareth sarà di nuovo scossa. Solo che a
combattere per lei, questa volta, ci sarà Ezra.
Anita
Sessa ha 32 anni
ed è di origini campane. Di professione giornalista, da qualche anno scrive per
passione. Jordan+April è il suo primo romanzo. Inizialmente auto pubblicato
su Amazon, ora pubblicato nella sua nuova versione targata Butterfly
Edizioni. La stessa casa editrice ne ha pubblicato anche il seguito April.
Ha all’attivo anche: You are my Superhero e Ricordati di me,
entrambi disponibili sulla piattaforma Amazon in versione ebook e cartacea; il
romance ad ambientazione storica La sposa inglese e il romance
contemporaneo Parole, entrambi pubblicati con una casa editrice veneta. Da
novembre 2019 è l’editore responsabile della casa editrice Words Edizioni.
1.
«Oggi
pomeriggio non eravate in biblioteca.»
La
biblioteca.
Ecco un
altro pezzo del piccolo rompicapo che erano Margareth e Ezra.
Ogni sabato
pomeriggio Ezra Caddy si recava a Stormborn per parlare di affari con il Duca.
Veniva regolarmente invitato a prendere il tè nel salottino della biblioteca e,
altrettanto regolarmente, era solito accettare. Per i motivi più disparati,
il Duca e la Duchessa finivano con il dileguarsi e Ezra e Margareth restavano
da soli. A volte parlavano, altre semplicemente rimanevano in silenzio fino a
quando a Mr Caddy sembrava che il tempo conveniente per poter stare solo in una
stanza con una ragazza fosse inesorabilmente terminato. A quel punto si
congedava e andava via, con il cuore in subbuglio e una crescente confusione
nella testa.
2.
«Non posso
rispondervi di sì.»
La voce
sforzata, tremula, gli disse tutto ciò che doveva sapere. Margareth voleva
dirgli di sì, a dispetto di quanto professavano le sue labbra.
«Non sapete
neppure cosa voglia chiedervi.»
«Sappiamo
entrambi cosa volete chiedermi.»
Diretta e
sincera Margareth lo era sempre stata, ma dopo il rapimento quei tratti del suo
carattere si erano maggiormente imposti, fino a diventare predominanti. Perché
il dolore squarcia anche le anime più pure, le riduce a brandelli ed è
impossibile ricucirle del tutto. E da quelle crepe, da quelle cuciture lente
viene fuori qualcosa di simile a una persona. Viene fuori il poco che si può
offrire al mondo. Nel migliore dei casi, come era successo per Margareth,
diffidenza e solitudine profonda, con una buona dose di sincerità assoluta.
«Lady
Margareth…»
«Ezra, vi
prego. Non ditelo. Se me lo chiedete, se mi chiedete di diventare vostra moglie
e io vi rifiuto, avrete sempre questo ricordo di me. Non voglio essere un
ricordo negativo per voi. Non voglio sentire le parole che agogno da mesi e non
potervi dire di sì.»
3.
Si voltò
piano verso Mr Caddy, e quando lo guardò negli occhi lui capì che in quel
momento le barriere tra loro erano state divelte. Sarebbero riemerse a breve,
di questo ne era certo, ma in quell’attimo preciso, incastonato nel tempo,
Margareth Rutley era sua tanto quanto lui apparteneva a lei.
«Qui, Ezra,
c’è solo un’anima profondamente ferita.»
Era forse
la prima volta che riusciva ad ammetterlo ad alta voce, ma non c’era nessun
altro a cui avrebbe voluto dirlo.
«Troveremo
un rimedio insieme» le sussurrò lui piano, avvicinandosi di qualche passo.
«Non ci
sono molti rimedi per curare un’anima profondamente ferita.»
«L’amore.
L’amore è un rimedio.»
Juls Way
TITOLO: La seconda
moglie
AUTORE: Juls Way
EDITORE: Words Edizioni
GENERE: Storico
vittoriano
FORMATO: Ebook (2,99 –
in offerta a 0,99 nel giorno d’uscita)
Cartaceo (13,90)
PAGINE: 265
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«Allora ditemi, lady Montegue, come immaginate la donna del nuovo
secolo?»
«Sarà libera.»
Londra,
1899
All’alba
del nuovo secolo, lady Lavinia Roseland, figlia del Conte di Carvanon, è
costretta a un matrimonio combinato con lord Edward Montegue. Un’unione nata
male in partenza: lei ha una reputazione macchiata, un carattere terribile e
una lingua ben affilata; lui, vedovo e con una carriera politica da portare
avanti, la vorrebbe tenera e devota. Tuttavia, Edward non è immune al fascino
di Lavinia che, con le sue mise maschili, si fa ambasciatrice di idee nuove e
rivoluzionarie. Ad avvicinarli sarà la strana e improvvisa sparizione del padre
di lei. Marito e moglie si ritroveranno così nella romantica Cornovaglia,
ospiti di una tenuta ricca di misteri, per scoprire vecchi e nuovi intrighi
della famiglia Carvanon.
Juls
Way ha venticinque
anni e vive a Bologna, dove frequenta la Scuola di Archivistica.
Urbinate di nascita e di adozione, si è laureata in lettere moderne e in
storia dell’arte. Cresciuta a libri, Guccini e Platone, è un’inguaribile
romantica; ama il cinema, le serie tv (soprattutto i period drama),
il sarcasmo e andare in giro per mostre e musei. Il suo sogno è di vivere
a Parigi, in una mansarda arredata in stile anni Venti, con vista
sul Quartiere Latino. Inventa storie da quando ne ha memoria, ma La
seconda moglie è il suo primo romanzo.
ESTRATTI
1.
‹‹Ah, dimenticavo!›› disse una volta sulla porta,
mentre ormai sua moglie si stava sciogliendo il cappellino da viaggio. ‹‹La
prossima settimana terremo una cena, così potrete dare prova delle vostre doti da
padrona di casa.››
‹‹Fantastico, fremo all’idea›› borbottò sottovoce
Lavinia, alzando gli occhi al cielo.
‹‹Magari evitiamo il sarcasmo con gli ospiti.››
‹‹Dipende, se verrà anche mia madre farò davvero
fatica a trattenermi.››
2.
‹‹Vivere al di fuori delle regole della società
non l’ha resa più libera, infatti. In un mondo che identifica nell’etichetta
l’essenza di una persona, lei perde il diritto ad innamorarsi, ad essere
felice. Siamo disposti ad accettare tutto benché si rimanga nei propri confini,
tra i propri simili…›› mormorò flebilmente, appoggiando senza pensare la mano
sulla gamba di lui. Solo lord Montegue percepì in modo strano questa vicinanza?
Il tocco di Lavinia era delicato, quasi impalpabile, eppure, mentre continuava
a tradurre per lui quei versi in italiano, vivido sulla sua pelle nonostante il
tessuto. Mentre sul palco le vicende dei personaggi giungevano all’inevitabile
epilogo, anche Edward sentì all’improvviso delle emozioni forti e difficili da
controllare. Era come se avesse colto una sfumatura in quelle parole che le
ricordavano Lavinia stessa. Strinse la mano di lei, che avvampò violentemente.
La Traviata lo sconvolse in una maniera che non credeva possibile.
3.
‹‹Lavinia, credo che forse dovremmo smettere di
evitarci.›› Edward cercò di cominciare dal principio, scoprendosi a sua volta
molto nervoso. ‹‹Vi ho raggiunta qui a Brightworth Home perché, tra le altre
cose, pensavo di corteggiarvi, con il vostro permesso, s’intende.››
‹‹Noi, però, siamo sposati.››
‹‹Sì, lo so.›› Non era proprio la risposta che si
aspettava. ‹‹Dovete sempre essere così puntigliosa?››
Interessanti, mi ispirano soprattutto i primi due.
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